Dov’è finita la riforma del Terzo settore?
Sono passati due anni da quando il Governo ha approvato un documento di indirizzo per la riforma del Terzo settore, aprendo un sito per raccogliere osservazioni e proposte. Il documento conteneva i seguenti indirizzi:
- Ricostruire le fondamenta giuridiche e definire i confini
- Valorizzare il principio di sussidiarietà
- Far decollare l’impresa sociale
- Promuovere un servizio civile nazionale universale.
- Dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico.
Il documento è stato in seguito articolato in una proposta di legge, che è stata approvata con modifiche dalla Camera il 9 aprile 2015 e trasmessa al Senato per il completamento dell’iter. Il testo tuttavia non ha convinto Palazzo Madama, che ha voluto approfondirlo riprendendo tra l’altro il ciclo delle audizioni con le parti interessate ed esperti della materia. I nodi da sciogliere sono infatti parecchi e riassumibili nei seguenti principali punti:
Definizione di Terzo settore
Nel 2011, l’Istat ha censito 350.000 enti religiosi, organizzazioni professionali e sindacali, associazioni, cooperative, ong, partiti politici, fondazioni, denominate riassuntivamente Terzo settore o non profit. Dovendo perimetrare una realtà frammentata e disomogenea, non è ancora emerso un criterio condiviso ed il generico riferimento ad attività d’interesse generale senza scopo di lucro lascia aperto il campo a fraintendimenti e forzature, anche dopo la più estesa formulazione della Camera. E’ avvertita poi la necessità di una semplificazione normativa, prevedendo poche figure giuridiche (es. Associazioni, Imprese sociali, Fondazioni) ben disciplinate, rendendo superflua la sottocategoria fiscale delle Onlus.
Impresa sociale
E’ stata introdotta nel nostro ordinamento per la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale (d.lgs.vo 155/2006), prevedendo che gli operatori possano avvalersi di tutte le figure giuridiche previste dal libro V del codice civile (SpA, Srl, Cooperative, ecc..). Tuttavia l’impresa sociale non è decollata in assenza di incentivazioni, mentre gli operatori preferiscono avvalersi delle Cooperative sociali ex lege 381/91, che hanno numerose agevolazioni compresa la possibilità di distribuire utili entro certi limiti. Proprio quest’ultimo punto è al centro di molte discussioni, che riguardano la stessa possibilità di continuare a distinguere tra profit e non profit
Agenzia per il Terzo settore
Non è prevista nel ddl in itinere ma l’argomento torna continuamente come opportunità di riorganizzare i Centri di Servizio del Volontariato per svolgere una più efficace attività di controllo, promozione, consulenza e coordinamento a livello centrale e periferico. Pur contemplata dal documento d’indirizzo governativo, si è persa nella discussione parlamentare e nel ddl sono previste solo funzioni di vigilanza a carico del Ministero del Lavoro integrate da non meglio definite forme di autocontrollo da parte delle organizzazioni del Terzo settore.